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Il prezzo della paura: perché promuovere la sicurezza psicologica in azienda

Il prezzo della paura: perché promuovere la sicurezza psicologica in azienda

Chi ricopre ruoli di leadership è sempre più consapevole di quanto la “vecchia” logica della performance a tutti i costi e del focus solo sui risultati economici possa incidere sul modo di agire di ciascuno. Si tratta di quella logica – progressivamente sempre meno funzionale – che tende a far pensare che sia sempre necessario avere tutte le risposte, che occorre avere un controllo assoluto su collaboratori e team e che guarda con un senso di ripudio agli eventuali, e a volte fisiologici, errori e fallimenti.

Fa parte di questa logica l’errata convinzione che se i collaboratori sono intimoriti dall’autorità saranno più inclini a concentrarsi per raggiungere gli obiettivi aziendali. Non c’è niente di più sbagliato, secondo la docente di Leadership ad Harvard Amy C. Edmondson, pioniera nel campo della sicurezza psicologica, che da anni studia le dinamiche alla base di una cultura aziendale efficace.

La paura non genera performance

Si tratta di un mindset di cui manager e dirigenti adottano alcuni comportamenti, spesso non in maniera del tutto intenzionale e consapevole, ma semplicemente adeguandosi e assorbendo un modello di leadership precedente. Ma gli studi oggi lo confermano: “un management basato sulla paura porta le persone a nascondersi, cercando di fornire un’illusione di performance, piuttosto che una reale eccellenza”, spiega l’esperta.

Ma anche le illusioni di performance, come tutte le illusioni, prima o poi vengono a galla e, specie in ambito aziendale, rischiano di essere molto costose e perfino pericolose

Emarginazione o licenziamento?

La paura, in realtà, è un’emozione del tutto naturale e umana che si attiva quando percepiamo una minaccia esterna alla quale possiamo rispondere in due modi: reagire o scappare (fight or flight).

Non esistono, tuttavia, solo paure spontanee e istintive, ma anche paure che sono il risultato della nostra evoluzione. Molti studi hanno dimostrato come il cervello sia dotato di “paure programmate”, che si attivano a causa del cablaggio cognitivo della nostra storia evolutiva. Una di queste è proprio quella che emerge sul posto di lavoro quando non ci si sente psicologicamente al sicuro. Se i primi esseri umani temevano di non piacere al capo della propria tribù e, di conseguenza, di esserne cacciati, esponendosi così a grandi rischi, nella contemporaneità i collaboratori temono il giudizio dei loro superiori e la possibilità di emarginazione o, peggio, del licenziamento. 

La paura, inoltre, può essere generata da minacce esterne, persino da situazioni che percepiamo come pericolose, anche se in realtà non lo sono, a dimostrazione che gran parte delle paure sul posto di lavoro è, in realtà, irrazionale. Non si rischia la vita per un’osservazione potenzialmente controcorrente, ma la risposta fisiologica che ne deriva imita quella che si innesca di fronte agli stimoli che mettono a repentaglio la sopravvivenza.

L’unico vero rischio reale che si corre generando un clima di paura in azienda è quello di peggiorare la situazione e incrementare il malessere psicologico.

Quando non c’è benessere psicologico

Quella sul luogo di lavoro è una paura interpersonale, a volte accentuata da ansie e da brutte esperienze precedenti, che induce i collaboratori a trattenere domande e preoccupazioni. Ciò è altamente controproducente e pericoloso: ci sono proposte o osservazioni che potrebbero cambiare radicalmente il corso di un progetto migliorandolo, per non parlare di contesti lavorativi in cui lanciare un avvertimento o condividere un dubbio potrebbero concretamente evitare incidenti e infortuni.

Questo istinto di autoprotezione, inoltre, può diventare causa di un’eccessiva stasi nei team, bloccati nel raggiungimento degli obiettivi dal timore di esprimersi e sbagliare, o persino di generare nuovi errori.

Un esempio concreto viene proprio dalla prima ricerca condotta dall’esperta, la quale ha dimostrato come la paura interpersonale negli ospedali inibisce la segnalazione degli errori, che è invece essenziale per garantire sicurezza ai pazienti e migliorare la qualità delle cure.

La chiave per una leadership efficace oggi sta anche nel riconoscere e saper gestire questa paura irrazionale che colpisce i collaboratori molto più spesso di quanto si possa pensare.

Gestire la paura: team efficaci e performanti

È essenziale che i leader riconoscano e affrontino la paura come una componente “naturale” del lavoro, così da poterla rendere parte integrante di un dialogo e creare uno spazio in cui chiedere aiuto è considerato normale e giusto.

In particolar modo, la best practice suggerita da Edmondson e supportata dalle sue ricerche consiste nella trasformazione di imprese e organizzazioni in luoghi in cui ogni opinione viene ascoltata, valorizzata e posta allo stesso livello delle altre. Si tratta, per i leader e per chiunque ricopra un ruolo dirigenziale, di adottare un approccio che faccia sì che le persone si sentano ascoltate, oltre che considerate importanti per l’azienda, qualsiasi sia la loro job title.

Come osserva Edmondson, per surclassare i timori dei collaboratori è fondamentale porre domande in modo esplicito, proattivo e persistente. Domande stimolanti e ben strutturate, infatti, sono in grado di coinvolgere tutti, anche chi di solito è reticente e non si espone per paura di dire “qualcosa di stupido” o di essere screditato di fronte agli altri. Non solo: questo modo di fare conferisce credibilità al contributo di ognuno e incentiva un pensiero creativo e di valore, volto a migliorare le performance.

Da leader a scienziato: il nuovo mindset

“I leader più efficaci oggi pensano come scienziati”, aggiunge l’esperta, perché non si illudono più che basti prefissare un obiettivo e l’impegno delle persone per poterlo raggiungere. Sono consapevoli di dover stabilire una direzione chiara, un fine comune, che è raggiungibile solo se c’è una collaborazione costruttiva, non soltanto tra i membri del team, ma anche e soprattutto con i manager.

La qualità del prodotto o del risultato, infatti, dipende inevitabilmente da una collaborazione efficace: se i collaboratori hanno paura, mostreranno una competenza superficiale, senza dare il massimo e, di conseguenza, non daranno un contributo significativo all’azienda.

Quando i leader cambiano attivamente mentalità, individuando nel loro ruolo un mezzo per aiutare gli altri a trovare risposte attraverso “esperimenti intelligenti dai quali i collaboratori imparano da quel che accade”, sono anche in grado di promuovere un ambiente sicuro, in cui chiunque si sente libero di esprimersi favorendo, così, la crescita aziendale, il raggiungimento e persino il superamento di tutti gli obiettivi.

Cultura organizzativa e aziendale: ne parliamo al Leadership Forum

Costruire sicurezza psicologica al lavoro, così da favorire la crescita, l’innovazione e l’attrazione dei talenti: ne parliamo al Leadership Forum insieme a Amy C. Edmondson, al primo posto della Thinkers50, pioniera nel campo della sicurezza psicologica e docente di Leadership e Management alla Harvard Business School, che da anni studia le dinamiche alla base di una cultura aziendale efficace.

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